68° Festival di Locarno: programma di scoperte e tradizione

68° edizione, terza diretta dal valdostano Carlo Chatrian, per il Festival del Film di Locarno, in programma dal 5 al 15 agosto. Una manifestazione che si è consolidata e assestata negli ultimi anni, subito alle spalle dei grandi come Cannes, Venezia e Berlino e senza sentire troppo la concorrenza di altre manifestazioni che crescono. Vuoi per il periodo estivo, vuoi per l’essere una zona multilingue e su una linea di scambio nord-sud, vuoi per il fascino della Piazza Grande con i suoi 7-8.000 posti a sedere, vuoi per una tradizione di libertà e di scoperte, il festival ticinese resta un appuntamento centrale nell’annata cinematografica.

Il programma (www.pardo.ch) è in linea con le precedenti edizioni, mantenendo le stesse sezioni, dando centralità alla piazza, valorizzando i talenti emergenti ma anche dando numerosi premi a personaggi che hanno fatto la storia del cinema d’autore. Tra questi ultimi i registi Michael Cimino (“Il cacciatore” e “I cancelli del cielo”) e Marco Bellocchio (che presenterà in piazza il suo esordio “I pugni in tasca” in attesa di tornare in competizione a Venezia con il nuovo “Sangue del mio sangue”), ma anche i più giovani attori Andy Garcia ed Edward Norton.

Il festival presenta 179 lungometraggi e 87 cortometraggi, provenienti da 51 paesi diversi. In corsa per il Pardo d’oro ci sono 19 lungometraggi: per l’Italia c’è “Bella e perduta” di Pietro Marcello (noto per “La bocca del lupo), con un Pulcinella che deve salvare il bufalo Sarchiapone che ha la voce di Elio Germano. In concorso film da Usa (compreso “Entertainment” di Rick Alverson con John C. Reilly e Michael Cera) e Giappone (“Happy our” di Ryusuke Hamaguchi, confessioni di quattro amiche per oltre cinque ore di durata), Sri Lanka e Messico. Tra gli affermati ci sono “Cosmos” del polacco Andrej Zulawski (“Le mie notti sono più belle dei vostri giorni” e “Possession”) che torna alla regia dopo 15 anni, “Chant d’hiver” del georgiano Otar Iosseliani con Michel Piccoli e Pierre Etaix, “Right Now, Wrong Then” del coreano Hong Sang-Soo, “No Home Movie” della belga Chantal Akermann e “Schneider vs. Bax” dell’olandese Alex van Varmerdam.

Interessanti e da scoprire anche le sezioni Cineasti del presente, con molti registi esordienti, tra questi l’italo-bosniaco “Moj brate – Mio fratello” di Nazareno Manuel Nicoletti, prodotto dal Centro sperimentale di cinematografia e con Stefano Gabrini interprete principale.

In piazza andranno tra gli altri “Trainwreck” di uno dei protagonisti della commedia hollywoodiana contemporanea Judd Apatow con Brie Larsson e Tilda Swinton e i nuovi lavori di “Amnesia” di Barbet Schroeder, Philippe Le Guay (noto per “Le donne del sesto piano”) e Philippe Falardeau (“Monsieur Lazhar”).

Importante è la retrospettiva Sam Peckinpah con tutti e 14 i film per il cinema, molti dei lavori per la televisione, la presenza di ospiti e collaboratori del regista de “Il mucchio selvaggio” e la pubblicazione di un volume. Premi anche per l’attrice Bulle Ogier, il montatore Walter Murch (“Apocalypse Now”), il regista russo Marlen Khutsiev, l’Office Kitano e l’attore ticinese Teco Celio.

Italiani fuori gara sono i documentari “Genitori” di Alberto Fasulo, su un gruppo di padri e madri con figli disabili, e “I sogni del lago salato” di Andrea Segre.

Molto curioso si annuncia “L’infinita Fabbrica del Duomo” di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, presentato domani nel sezione Signs of Life, che riunisce opere sperimentali, difficili da catalogare e con un afflato spirituale (c’è anche “L’accademia delle Muse” dello spagnolo José Luis Guerin). I due documentaristi esplorano e mostrano il silenzioso e complesso lavoro dietro la conservazione del Duomo di Milano, partendo dall’estrazione del marmo.

Nicola Falcinella

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