Festival: 50 anni di Karlovy Vary

È una delle manifestazioni cinematografiche storiche dell’Europa orientale. Il Karlovy Vary International Film Festival celebra dal 3 all’11 luglio il suo mezzo secolo di vita. La località termale della Repubblica Ceca è ancora un punto di riferimento per cineasti e appassionati dell’area e non solo. Il programma è al solito molto ricco, tra incontri, conferenze, ospiti, premi, omaggi e i concorsi. Spicca come sempre la competizione internazionale che assegnerà i Globi di cristallo, che comprende 13 film e alliena anche acune prime mondiali. Tra queste c’è l’italiano “Antonia”, opera prima di Ferdinando Cito Filomarino prodotta da Luca Guadagnino, sulla poetessa milanese Antonia Pozzi.

Tra i più attesi “Box” del regista romeno Florin Serban (“Se voglio fischiare, fischio”), “Heil” di Dietrich Bruggemann (“Le stazioni della croce”) e “La montagne magique” di Anca Damian (“Crulic”). Alla poesia fa riferimento anche “Song of Songs”, terzo lungometraggio della regista ucraina Eva Neymann. Ancora “The Sound of Trees” il primo lungometraggio del canadese François Péloquin, il thriller psicologico polacco “The Red Spider”, primo lungometraggio di finzione del documentarista e direttore della fotografia Marcin Koszalka, l’austriaco “Those Who Fall Have Wings” di Peter Brunner, l’americano “Bob and the trees” di Diego Ongaro, il danese “Gold Coast” di Daniel Dencik e l’opera prima kosovara “Babai” di Visar Morina. Per finire i cechi “Home Care” di Slávek Horák e “The Snake Brothers” di Jan Prušinovský.

L’altra sezione molto interessante è East of the West, riservata alle produzioni dell’est Europa intensa in un senso largo. Inaugura il ceco-polacco “Journey to Rome” di Tomasz Mielnik. Ancora il debutto dell croata Ivona Juka, “You Carry Me”, “Zero” di Gyula Nemes, il secondo film del’albanese Bujar Alimani (noto per “Amnistia”), “Chromium”, e “Chemo”, prima regia del direttore della fotografia polacco Bartek Prokopowicz, ispirato alla lotta di sua moglie con il cancro. Nel concorso anche il turco “Ivy” di Tolga Karaçelik, il kirghiso “Heavenly Nomadic” di Mirlan Abdykalykov (su sceneggiatura di Aktan Arym Kubat) e il greco “Wednesday 4:45” di Alexis Alexiou.

Anche il concorso documentari promette molto bene, con “IEC Long” dei portoghesi João Pedro Rodrigues e João Rui Guerra da Mata, “Kacey Mottet Klein, Birth of an Actor” della svizzera Ursula Meier (“Home”, “Sister”) sul suo giovane attore feticcio, “I Am Belfast” di Mark Cousins (il gigantesco “The Story Of Film”) e “Mallory” della ceca Helena Třeštíková.

Tra le retrospettive e gli omaggi, oltre agli attori americani John Cazale e Chris Penn, va sottolineato quello in cinque film dedicato alla grande regista ucraina Larisa Shepitko, autrice del capolavoro bellico “L’ascesa” (1976). Infine una “Settimana di cinema libanese”, con otto film embleamatici della cinematografia del Libano realizzati negli ultimi 25 anni.

La sezione Forum of Independents, sul modello di quello berlinese, sarà aperta dall’opera prima brasiliana “Hopefuls” di Ives Rosenfeld. Da segnalare un altro debutto, “Princess” dell’israeliano Tali Shalom-Ezer.

Nicola Falcinella

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