“Todos lo saben” che apre il 71° Festival di Cannes

Il no a selfie e fotografie sul tappeto rosso, il no ai film di Netflix in gara e alle consuete proiezioni anticipate per la stampa. E anche una posizione di prestigio sulla scena internazionale ma un’immagine da rinnovare dopo l’edizione sotto tono 2017, che vide la Palma d’oro a “The Square” dello svedese Robert Ostlund. Parte stasera il 71° Festival di Cannes, che si concluderà sabato 19 maggio, con la proiezione di “Todos lo saben – Everybody Knows” di Asghar Farhadi. L’iraniano di “Una separazione” e “Il passato” si è cimentato in una storia tra Spagna e Argentina con Penelope Cruz, Javier Bardem e Ricardo Darin ed è ancora una volta tra i favoriti. Tra i 21 in gara ci sono anche due italiani che stanno tra i papabili per il palmarès, l’attesissimo “Dogman” di Matteo Garrone e “Lazzaro felice” di Alice Rohrwacher, entrambi già premiati con il Gran Prix (Garrone due volte, per “Gomorra” e per “Reality”) sulla Croisette. L’Italia non porta a casa la Palma dal 2001, quando vinse Nanni Moretti con “La stanza del figlio”. La presidenza della giuria, che vede una prevalenza di donne, è affidata all’attrice australiana Cate Blanchett, con le colleghe Kristen Stewart e Léa Seydoux.
Tra i grandi nomi in gara vanno ricordati “Ash is Purest White” del cinese Jia Zhang-Ke e “Ahlat Agaci – The Wild Pear Tree” del turco Nuri Bilge Ceylan, vincitore della Palma d’oro nel 2014 per “Il regno d’inverno – Winter Sleep”, “Blackkklansman” di Spike Lee e “Three Faces” dell’iraniano Jafar Panahi.
In evidenza poi il nuovo lavoro dell’ottantasettenne Jean-Luc Godard, già presente sul manifesto con un’immagine di Jean-Paul Belmondo e Anna Karina in “Pierrot le fou”, ovvero “Le livre d’image”. Quattro i francesi, partendo dai due più accreditati per i premi: “En guerre – At War” di Stéphane Brizé (“Una vita”, “La legge del mercato”) e “Les filles du soleil – Girls of the Sun”, opera seconda di Eva Husson che aveva esordito con “Bang Gang” Ancora il ritorno di Christophe Honoré con “Plaie aimer et courir vite – Sorry Angel” e “Un couteau dans le coeur – Knife + Heart” di Yann Gonzalez.
Si annuncia interessante “Netemo sanetemo – Asako I & II” di Ryusuke Hamaguchi, noto per “Happy Hour” premiato per le attrici e la sceneggiatura al Locarno Festival 2015. Sempre dal Giappone arriva “Shoplifters” di Kore-Eda Hirokazu, presenza fissa a Cannes. Ancora il coreano Lee Chang-Dong con “Buh-Ning – Burning” i russi “Leto – L’été” di Kirill Serebrennikov (“Playing the Victim”, “Izmena” e “Parola di Dio”) e “Ayka” di Sergej Dvortsevoj (“Tulpan”) e le novità, per il concorso di Cannes, “Under The Silver Lake” di David Robert Mitchell (”It Follows”), “Zimna wojna – Cold War” del polacco Pawel Pawlikowski (“Ida”) e “Capharnaum” della libanese Nadine Labaki (“Caramel” e “E ora dove andiamo?”).
Film di chiusura sarà l’atteso “The Man Who Killed Don Quixote” uno dei film dalla lavorazione più tormentata degli ultimi decenni, finalmente portato a termine da Terry Gilliam.
“Donbass” dell’ucraino Sergey Loznitsa sarà invece il film d’apertura della sezione Un certain regard, che presenta anche il terzo film in selezione ufficiale, “Euphoria” di Valeria Golino che torna dietro la macchina da presa dopo il bel “Miele”. Nel lotto figurano pochi nomi noti, ma ci sono diversi esordi e ben due pellicole africane e potrebbero esserci sorprese. Da tener d’occhio soprattutto “Long Day’s Journey into Night” secondo film del cinese rivelazione per “Kaili Blues” (2015) Bi Gan e “The Dead and the Others” del portoghese Joao Salaviza (“Montanha”) con la brasiliana Renée Nader Messora. Tra i già noti il tedesco “In My Room” di Ulrich Köhler (Orso come miglior regista a Berlino 2011 per “Sleeping Sickness”) e “Gueule d’ange – Angel Face” di Vanessa Filho con Marion Cotillard.
Fuori concorso “The House That Jack Built” di Lars Von Trier e “Solo: A Star Wars Story” di Ron Howard, mentre le Proiezioni speciali includono il collettivo tailandese “10 years in Thailand”, “The State against Mandela and the Others” di Nicolas Champeaux e Gilles Porte, “Fahrenheit 451” di Ramin Bahrani con Sofia Boutella e Michael Shannon, il documentario di otto ore “Les ames mortes – Dead Souls” del cinese Wang Bing, “Pope Francis – A Man of His Word” di Wim Wenders su Papa Francesco e “Whitney” di Kevin MacDonald su Whitney Huston.
La 50° Quinzaine des realisateurs presenta 20 lungometraggi e 10 cortometraggi, compresi tre italiani, Marco Bellocchio, Stefano Savona, Gianni Zanasi. Debutterà “La strada dei Samouni” di Savona, un documentario dalla lunga gestazione ambientato nella Striscia di Gaza (dove il regista aveva già filmato “Piombo fuso” nel 2009), con animazioni di Simone Massi.
La commedia “Troppa grazia” di Gianni Zanasi con Alba Rohrwacher, Elio Germano e Giuseppe Battiston sarà il film di chiusura. Nel gruppo anche il cortometraggio “La lotta” di Marco Bellocchio con Fabrizio Falco e Barbara Ronchi.
A inaugurare la sezione, oltre alla Carrosse d’or a Martin Scorsese che presenterà il suo “Mean Streets” e dialogherà con il pubblico, c’è il colombiano “Pajaros de verano – Birds of Passage” di Ciro Guerra e Cristina Gallego, rispettivamente già regista e produttrice de “El abrazo de la serpiente”. Da menzionare “Leave no Trace” di Debra Granik (“Un gelido inverno – Winter’s Bone”), l’animazione “Mirai – Mirai ma petite soeur” di Mamoru Hosoda (“La ragazza che saltava nel tempo”), “Climah” di Gaspar Noé, “Weldi – Dear Son” del tunisino Mohammed Ben Attia (“Hedi”), “Teret – The Load” del serbo Ognjen Glavonic (“Dubina dva”), “En liberté!” di Pierre Salvadori, “Amin” di Philippe Faucon e “Les confins du monde” del discontinuo Guillaume Nicloux (“L’enlèvement de Michel Houellebecq”).
La 57° Semaine de la critique, riservata alle opere prime e seconde, comprende sette titoli in competizione e quattro proiezioni speciali. In apertura c’è “Wild Life” esordio di Paul Dano dal romanzo autobiografico di Richard Ford, con Carey Mulligan e Jake Gyllenhaal, mentre in chiusura ci sarà “Guy” di Alex Lutz.
Da tener d’occhio il documentario animato “Chris the Swiss” della svizzera Anja Kofmel, “Kona fer i strio – Woman at War” dell’attore e regista islandese Benedikt Erlingsson (“Storie di cavalli e di uomini”), l’ungherese “Egy nap – One Day” di Zsofia Szilagyi, il polacco “Fuga – Fugue” di Agnieszka Smoczynska e l’indiano “Sir” di Rohena Gera, “Diamantino” di Gabriel Abrantes e Daniel Schmidt e il belga “Nos batailles – Our Struggles” di Guillaume Senez (scoperto con “Keeper” del 2015).
Nicola Falcinella

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