Palma d’oro allo svedese “The Square”, Cannes 70 chiude senza sussulti

Il 70° Festival di Cannes si chiude con un verdetto poco soddisfacente, all’altezza di un concorso modesto, il peggiore da parecchi anni a questa parte. La giuria presieduta da Pedro Almodovar ha assegnato la Palma allo svedese Ruben Ostlund per uno dei film più ambiziosi della competizione, “The Square”. Il nuovo film del regista di “Forza maggiore” inizia bene con ironia e paradossi, regge per metà, poi si perde nella volontà deliberata voler disturbare a tutti i costi, accumulando situazioni senza sbocco in un meccanismo che si arrotola su se stesso. La vicenda di un direttore di museo alle prese con l’assurdità della vita e con il politicamente corretto nel mondo dell’arte, che in due ore e 20 di scene tirate per le lunghe perde mordente e diventa sfiancante.
La serata ha visto la prevalenza del cinema europeo, che ha portato a casa quasi tutti i premi principali. Sono rimasti senza nulla, ma era prevedibile, due grandi come Michael Haneke e Todd Haynes, che hanno portato opere come “Happy End” e “Wonderstruck” forse “minori” nella loro filmografia. Più inattese le esclusioni del provocatorio francese “L’amant double” di Francois Ozon e dell’ucraino Sergei Loznitsa con “A GentleCreature”.
“120 battiti al minuto” del francese Robin Campillo, che aveva ricevuto il premio Fipresci della stampa, e sembrava il favorito nelle ultime ore ha ricevuto il Gran Prix. Un riconoscimento importante per una pellicola impegnata e appassionata, che inizia corale e assembleare per diventare intima e dolorosa: pur non eccelso, uno dei lavori più completi e interessanti della competizione.
Un premio speciale del 70° anniversario è stato introdotto per Nicole Kidman, presente in bem quattro lavori selezionati, tra i quali due fuori competizione, “How to talk to girls at parties” di John Cameron Mitchell e “Top of the Lake” di Jane Campion. L’attrice australiana era in concorso con “L’inganno – The Beguiled” di Sofia Coppola e “The Killing of a Sacred Deer” del greco Yorgos Lanthimos. Entrambi sono piaciuti parecchio alla giuria, in quanto si sono portati a casa altri riconoscimenti. La Coppola il premio per la regia, uno dei più meritati e indovinati, di un film che parte da “La notte brava del soldato Jonathan” e ne ribalta il punto di vista, assumendo uno guardo femminile. Lanthimos ha vinto il premio per la sceneggiatura, scritta con Efthimis Filippou, di un altro film costruito programmaticamente per turbare ma in realtà sterile come il sesso che fa la coppia di protagonisti su un talamo che sembra un letto di morte. Il regista greco di “The Lobster”, “Alpi” e “Dogtooth” è un prediletto delle giurie che cascano sempre nella trappola di un cinema sottolineato e vacuo.
Molto a sorpresa anche i due premi a “You were never really here” della scozzese Lynne Ramsay, per la sceneggiatura (in realtà quasi inesistente, per un esercizio di stile che guarda solo alla forma e alla composizione compiaciuta delle inquadrature) e per l’interprete Joaquim Phoenix, in un ruolo da introverso e magnetico detective reduce di guerra cucitogli addosso alla perfezione.
La Palma di miglior attrice è stata assegnata a Diane Kruger per un’opera controversa e discussa come “In the Fade” del tedesco d’origine turca Fatih Akin, un film sul razzismo, il ritorno dei nazisti, il terrorismo, lo stallo della giustizia e la vendetta. Si aspettava forse più del premio della giuria il russo “Loveless – Nelyubov” di Andrei Zvyagintsev, un’altra denuncia degli arrichiti nella Russia contemporanea che aveva riscosso consensi fin dai primi giorni.
Altra sorpresa la Caméra d’or per l’opera prima, consegnata alla francese Léonor Serraille per “Jeune femme”, presentato in Un certain regard.
Nicola Falcinella

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