A Milano il 29° Festival del cinema d’Africa, Asia e America Latina

Al via da sabato 23, fino a domenica 31, il 29° Fescaaal, il Festival del cinema africano, d’Asia e America Latina di Milano. Una rassegna partita nel 1991 e diventata un punto di riferimento per chi si occupa del cinema di queste aree. La proposta della manifestazione del Coe, Centro orientamento educativo, è di 60 film suddivisi in una decina di sezioni e quattro sale cinematografiche (informazioni e programma www.festivalcinemaafricano.org).
Il cuore del festival è rappresentato dal concorso Finestre sul mondo con dieci lungometraggi provenienti da nove aree diverse. I registi più affermati sono il cinese Liu Jie con “Baby” e l’algerino Merzak Allouache con “Divine Wind”, entrambi già presenti nei festival di Cannes e Venezia. Tra gli altri il curioso sudafricano “Flatland” di Jenna Bass, con una sposa ragazzina che fugge alle violenze, il libico “Freedom Fields” di Naziha Arebi e l’afgano “Kabul, City in the Wind” di Aboozar Amini. In apertura ci sarà “Fiore Gemello” di Laura Luchetti, favola nera con due adolescenti che si incontrano nella ricerca dell’innocenza perduta.
In primo piano l’appuntamento di lunedì 25 alle 18 all’Auditorium San Fedele con l’incontro “Africa Talks 2019”, per fare il punto sull’attualità, tra contraddizioni e sviluppo, del continente. La conferenza sarà seguita alle 21 dalla proiezione di “Thank You for the Rain” della norvegese Julia Dahr, con un contadino kenyota che filma la sua famiglia alle prese con le conseguenze del cambiamento climatico. Oltre ai concorsi cortometraggi africani (con dieci lavori) ed Extr’a (tra questi il premiatissimo corto “Bismillah” di Alessandro Grande, “My Home, in Libya” di Martina Melilli e “Le Vietnam sera libre” di Cecilia Mangini e Paolo Pisanelli), c’è la sezione “E tutti ridono…” con due commedie da Egitto e Perù. Il consueto focus sulla Cina comprende quattro titoli, tra cui “Youth” di Feng Xiaogang, già protagonista di una personale due anni fa. Ancora le anteprime delle opere di due maestri sud-coreani: “Burning” di Lee Chang-dong e “Hotel by the River” di Hong Sang-soo. Il primo è un film di attese, ossessioni e gelosie da un racconto di Murakami Haruki, il secondo un dramma intessuto di leggera ironia in un albergo sul fiume dove tutti hanno bisogno di fare i conti con la propria vita. E “Yomeddine” dell’egiziano Abu Bakr Shawky, una sorpresa dell’ultimo Festival di Cannes. Un lebbroso cresciuto in un orfanotrofio parte per rintracciare la sua famiglia con un asino e un ragazzino soprannominato Obama: non basterà urlare “sono un essere umano” per essere rispettato. Completa l’omaggio al grande regista senegalese Djibril Diop Mambéty con la proiezione di due suoi film restaurati: “Parlons Grand-mère” (1989) e “Hyènes” (1992).
Nicola Falcinella

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