Il belga “Keeper” vince Torino Film Festival 33

L’assenza dei padri e il desiderio di paternità, due quindicenni che affrontano una situazione più grande di loro. È “Keeper” del belga Guillaume Senez, film vincitore del 33° Torino Film Festival. Una pellicola che è come il suo protagonista Max, senza fronzoli e determinato: la sua ragazza Melanie rimane incinta e lui, dopo qualche dubbio, decide di volere quel bambino. Un film senza virtuosismi, lineare, ma ben fatto, ben recitato, credibile, emozionante per come i ragazzi provano a dimostrare di essere grandi in un contesto dove gli adulti non sono sempre all’altezza. Una storia non nuova ma raccontata per una volta dal punto di vista maschile, un romanzo di formazione per un adolescente che sogna di diventare un campione di calcio (“keeper” significa anche portiere). Il film dell’esordiente Senez ha vinto in un concorso di 15 film riservato a opere prime, seconde e terze. Tra questi cinque italiani rimasti tutti senza premi, inclusi l’intimo e leggero, delicato e ironico “Mia madre fa l’attrice” di Mario Balsamo (già vincitore a Torino con “Non eravamo come James Bond”, meno compatto ma con un’idea di partenza pià forti) e il curioso esordio “I racconti dell’orso” di Samuele Sestieri e Olmo Amato.

Il Premio Speciale della giuria è andato all’argentino “La patota” di Santiago Mitre, premiato anche per la miglior attrice Dolores Fonzi. Come Miglior attore, riconoscimento a Karim Leklou per il film francese “Coup de chaud” di Raphaël Jacoulot, vincitore anche del Premio del pubblico. Un lungometraggio meritevole di attenzione, giocato su più registri, ambientato in un paese in campagna in un’estate caldissima e arida: protagonista un giovane rom con disturbi comportamentali che diventa bersaglio dei coetanei e capro espiatorio degli adulti. Premio per la Miglior sceneggiatura è andato ex-aequo al cinese “A Simple Goodbye” di Degena Yun e al messicano “Sopradora de Hojas” di Alejandro Iglesias Mendizábal.

Fuori dai premi anche il notevole libanese “Coma” di Sara Fattahi, godardiano film d’interni con tre donne (nonna, madre e figlia, la regista stessa) chiuse in casa con gli echi della guerra in Siria. Un film sperimentale, incerto e forte, fatto di dettagli come piedi scalzi che camminano, politico, femminile ed esistenziale. Da menzionare anche il danese “Idealisten – L’idealista” di Christina Rosendahl: tra finzione e inserti documentari, come un determinato e idealista giornalistico radiofonico si prese a cuore il caso dei tecnici della base di Thule in Groenlandia investiti dalle radiazioni di un incidente nucleare avvenuto nel 1968 e tenuto nascosto.

Tra i documentrari miglior film per Internazionale.doc al franco-algerino “Fi rassi rond-point” di Hassen Ferhani “per la precisione, il rigore, la pertinenza delle scelte che permettono di trasformare un luogo di lavoro duro e di morte in una serie di tableaux vivants colmi di delicatezza, ironia e calore umano” e Premio speciale della giuria al portoghese “Gipsofilia” di Margarida Leitão.

Miglior Film per Italiana.doc al curioso “Il solengo” di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, lavoro straniante nella campagna romana che cerca di ricostruire, attrverso un coro di testimoniante, la figura di un uomo bizzarro. Premio Speciale della giuria per Italiana.doc a “La gente che Resta” di Maria Tilli, storia della famiglia Resta a Taranto, tra bambini che giocano e operai all’Ilva, un film su chi resta in città tra paure e speranze.

Italiana.corti Premio Chicca Richelmy per il Miglior film a “Le dossier de Mari S.” di Olivia Molnàr e Premio Speciale della giuria a “La dolce casa” di Elisabetta Falanga. In Spazio Torino premio a “Tram Stories” di Leone Balduzzi.

Infine premio Fipresci della stampa internazionale al canadese “Les loups” di Sophie Deraspe; Premio Cipputi al miglior film sul mondo del lavoro a “Il successore” di Mattia Epifani e Premio Avanti (Agenzia Valorizzazione Autori Nuovi Tutti Italiani) per la distribuzione nel circuito culturale curata da Lab 80 Film “Dustur” di Marco Santarelli, anche premio “Gli occhiali di Gandhi”.

(Nicola Falcinella)

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