1988, New York. Il pugile italoamericano di Rhode Island Vinny “Paz” Pazienza è atteso alla procedura di peso in vista della sfida per il titolo mondiale categoria welter leggeri con Roger Mayweather. L’arrogante atleta si fa aspettare perché impegnato fino all’ultimo a rientrare nei limiti. Paz, soprannominato “il diavolo della Pazmania”, è poco allenato e si fa battere nettamente dal campione in carica. Fin dalle scene iniziali, “Bleed – Più forte del destino” di Ben Younger si configura come un film di pugilato più attento al dietro le quinte che a ciò che avviene sul ring, un’opera che può apparire convenzionale e invece non lo è. Una pellicola che ha il carattere del protagonista, determinato e attento a non farsi condizionare dagli altri se dicono che non si può fare. Dopo l’incontro Paz è avvicinato dagli organizzatori e invitato a lasciare l’attività. Non si dà per vinto, contatta Kevin Rooney, già allenatore di Tyson, e riparte con un altro approccio agli allenamenti, salendo di categoria e vincendo subito. Il destino lo attende sulla strada: un incidente d’auto e una frattura al collo sembra compromettere non solo la carriera agonistica ma anche la vita quotidiana. I medici lo operano alla vertebra quasi contro sua volontà, utilizzando l’innovativo sistema Halo, poi lo costringono in un busto e una gabbia per sei mesi. Vinny è uno che non si arrende mai e, nonostante tutto riprende ad allenarsi di nascosto, partendo da minimi e rischiosissimi esercizi, per tornare a combattere.
Il pugile è interpretato dal bravo Miles Teller, lanciato da “Whiplash”, e, come nella storia del batterista, pronto a quasi tutto pur di valorizzare il proprio talento e raggiungere l’obiettivo. In aggiunga somiglia un po’ a Sylvester Stallone e il film è un po’ alla Rocky, si aggiunga la famiglia d’origine italiana. Paz ha uno stretto e contrastato rapporto con il padre, il suo primo tifoso ma anche fiero e protettivo, e trova in Kevin (un sempre convincente Aaron Eckhart) una degna spalla. Un film di caduta e redenzione fatto bene con alcune scene molto riuscite, su tutte l’incontro con la stampa dopo l’infortunio e le viti tolte senza sedativo o anestesia. Sui titoli di coda scorrono le immagini con le testimonianze dei veri protagonisti della vicenda. La pellicola ricorda un po’ “The Bleeder” di Philippe Falardeau, film passato all’ultima Mostra di Venezia e non ancora uscito in Italia: la vicenda del peso massimo Chuck Wepner (interpretato da Liev Schreiber), il pugile detto “il sanguinolento” che ispirò Stallone per il personaggio Rocky Balboa e in un certo senso divenne prigioniero della sua fama.
Nicola Falcinella
“Bleed – Più forte del destino” di Ben Younger

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