EISENSTEIN IN GUANAJUATO

 

Di Peter Greenaway
Articolo di Umberto Soncina

 Alla ricerca del nuovo mondo, dove la rivoluzione si è compiuta più rapidamente e umanamente che nella madre Russia e dopo il passaggio a vuoto nella Hollywood di Chaplin e Disney, Ejzenštejn sospinto dalle autorità russe, Stalin in testa, soggiorna in Messico per circa un anno girando chilometri di pellicola. Gli fa da accompagnatore Palomino Cañedo, uomo sposato con prole, che lo guida intimamente attraverso sempre più profondi percorsi di scoperta, fino ad accarezzare insieme a lui esperienze sensoriali di eros e thanatos.
La versione di Peter Greenaway del soggiorno messicano a Guanajuato del mitico regista russo Sergei Eisenstein (La corazzata Potempkin, Sciopero, Ottobre), non poteva essere la semplice ricostruzione dell’incompiuto progetto noto con il titolo di Que Viva Mexico! ne tantomeno l’omaggio personale ad un regista amato ed ammirato, personalità storicamente controversa e lacerata da forze opposte. Pioniere e teorico dell’utilizzo della tecnica per la spettacolarizzazione del cinema, Eisenstein è in questo senso il regista che più ha ispirato e influenzato il lavoro di Greenaway tanto da irretirlo talvolta in scelte stilistiche ai confini con la video arte, di difficile dimensionamento nei canoni e nelle forme del cinema tout court. Eisenstein in Guanajuato è una composizione ipertrofica, sostenuta da ritmo coinvolgente, di split-screen, dissolvenze, complessi piani sequenza e colorazioni dal bianco e nero ai viraggi seppia al colore ritoccato digitalmente, non fine a se stessa e indirizzata a celebrare l’incontro inevitabile di due parabole artistiche lontane nel tempo e nello spazio ma accomunate, a prima vista in modo inaspettato, da medesime passioni ed interessi. In una danza macabra dalle tinte barocche, emergono aspetti meno noti della vita di Eisenstein: l’omosessualità e la consumazione della pratica sessuale/perdita della verginità, l’amore e soprattutto il delicato ed irrisolto rapporto con la morte, che lo coglierà all’età di 50 anni (Greenaway ne ha 72..) nella sua Russia, che allora come oggi esilia in Siberia gli omosessuali.
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